Una chiave fondamentale del successo organizzativo nel contesto attuale: prepararsi ad affrontare scenari avversi (worst case scenario)… nonostante la nostra psiche
Il contesto geopolitico, finanziario, economico, tecnologico e sociale è oggi caratterizzato da dinamiche che fanno prevedere possibili rapidi e repentini cambiamenti di scenario che possono scuotere alle fondamenta la vita di aziende, organizzazioni ed individui.
Tuttavia la maggior parte delle persone – anche se dotate di grande intelligenza, notevole istruzione ed esperienza e che ricoprono ruoli direttivi - tendono a privilegiare inconsciamente, nel prendere decisioni, scenari che prevedono essenzialmente la continuazione di ciò che sta attualmente accadendo (ipotizzando al più piccole modifiche) invece di considerare in modo esplicito e specifico diverse prospettive, che tengano in considerazione anche significativi e veloci cambiamenti, già peraltro ampiamente prevedibili osservando trend e dinamiche in corso.
Questo fenomeno, che osservo costantemente soprattutto (ma non solo) nei leader di molte PMI italiane, è ben noto e documentato in psicologia e negli studi sul comportamento decisionale e può essere collegato a diverse dinamiche psicologiche che possono essere identificate e nominate nella letteratura del settore.
Qui di seguito descriverò in sintesi il funzionamento di tali dinamiche, i loro aspetti principali e i termini con i quali vengono riconosciute.
Dinamiche psicologiche della “tendenza alla conservazione”
Le persone, inclusi leader organizzativi con elevata cultura e responsabilità, tendono a privilegiare lo status quo e a optare per decisioni che mantengono la continuità dello scenario attuale per una combinazione di fattori cognitivi, emotivi e sociali. Questo comportamento può essere spiegato così:
1. Bias dello status quo: le persone percepiscono il mantenimento della situazione attuale come meno rischioso rispetto a un cambiamento significativo, anche quando i dati suggeriscono che il cambiamento potrebbe essere necessario o addirittura vantaggioso. Questo bias è radicato nella preferenza per la familiarità e nella tendenza a evitare l’incertezza. Studi empirici mostrano che questa tendenza è particolarmente forte in contesti decisionali complessi o incerti.
2. Bias dell’ottimismo: le persone tendono a concentrarsi su uno scenario ideale, in cui tutto va secondo i piani e non ci sono imprevisti. Questo ottimismo eccessivo porta a ignorare o minimizzare potenziale ostacoli, ritardi, costi aggiuntivi, imprevisti, particolarmente probabili in scenari ad alta incertezza come quello attuale. Questo bias è particolarmente forte quando le persone sono emotivamente coinvolte in un progetto o hanno un interesse personale nel suo successo.
3. Illusione del controllo e sottovalutazione delle complessità: gli individui spesso credono di avere più controllo sulle situazioni di quanto non abbiano in realtà e tendono a semplificare eccessivamente le complessità.
4. Mancanza di considerazione degli imprevisti: tendenza a non considerare adeguatamente gli imprevisti o gli eventi imprevedibili con la conseguenza che nei piani aziendali spesso non ci sono margini di sicurezza sufficienti per affrontare le incertezze.
5. Avversione alla perdita: secondo la teoria del prospetto (Prospect Theory) di Kahneman e Tversky, le persone attribuiscono un peso emotivo maggiore alle perdite potenziali rispetto ai guadagni equivalenti. Questo porta i leader a evitare decisioni che comportano rischi, anche quando le opportunità di guadagno possono essere elevate.
6. Inerzia cognitiva: la mente umana tende a seguire schemi di pensiero consolidati, basati su esperienze passate. E’ pertanto riluttante a modificare credenze o strategie decisionali anche a fronte di nuove evidenze. Questo porta a una difficoltà nell’immaginare scenari radicalmente diversi o nel considerare pienamente eventi cosiddetti “disruptive” (traducibile in italiano come "dirompente" o "sconvolgente/rivoluzionario"), anche quando ci sono segnali evidenti (es. guerre commerciali all’orizzonte, instabilità sociale, accelerazione dell’impatto delle nuove tecnologie sul mondo organizzativo ed umano, ecc.).
7. Pressioni sociali e organizzative (pensiero di gruppo): in contesti di leadership, il desiderio di armonia e la necessità di mantenere consenso possono rafforzare la preferenza per decisioni conservative, evitando decisioni che rompano lo status quo, anche a costo di ignorare segnali di pericolo. Proporre cambiamenti, soprattutto se percepiti come “radicali”, può essere vissuto come un rischio per la reputazione o la coesione del gruppo.
8. Bias di impegno e coerenza: le persone, soprattutto se in posizioni di leadership, tendono a rimanere coerenti con decisioni passate, anche quando nuove informazioni suggerirebbero un cambiamento di rotta. Questo avviene per proteggere la propria immagine e per evitare la dissonanza cognitiva (in sintesi la dissonanza cognitiva può essere spiegata come un disagio interiore che proviamo quando abbiamo due pensieri o credenze contrastanti o quando le nostre azioni non corrispondono a ciò in cui crediamo).
9. Ottimismo irrealistico o negazione: di fronte a eventi catastrofici prevedibili, le persone possono sottovalutare la probabilità o l’impatto di questi scenari, convincendosi che “le cose si risolveranno” o che il presente sia più stabile di quanto i dati suggeriscano.
10. Bias dell’ancoraggio: quando prendiamo decisioni tendiamo a dare eccessivo peso alle informazioni iniziali (l’ancora), come lo stato attuale delle cose, e a basare i nostri giudizi su di esse, rendendo difficile considerare cambiamenti importanti.
11. Pregiudizio di normalità: porta le persone a sottostimare la possibilità e l’impatto di eventi dirompenti o cambiamenti drastici, spingendole a credere che il futuro sarà una semplice estensione del presente. Questo bias è particolarmente evidente nella scarsa preparazione a crisi prevedibili.
Quando questi fattori si combinano, il risultato è una tendenza a “aggiustare” lo scenario attuale con piccole modifiche piuttosto che prepararsi a cambiamenti profondi, con il rischio di trovarsi impreparati di fronte a eventi significativi che possono compromettere l’esistenza stessa delle aziende ed organizzazioni.Conseguenze della “tendenza alla conservazione” nel contesto attuale
Questa tendenza rende individui e organizzazioni vulnerabili a eventi “disruptive” (guerre commerciali, accelerazione dell’IA e sue conseguenze, crisi geopolitiche…). La letteratura sulle crisi organizzative (es. studi sui fallimenti aziendali o governativi) evidenzia come la mancanza di “visione periferica” e l’incapacità di anticipare scenari estremi siano spesso alla base di collassi improvvisi. In italiano, potremmo chiamare in modo colloquiale quanto descritto come “tendenza alla conservazione” o “resistenza al cambiamento”, ma i termini tecnici sopra citati sono quelli adottati in letteratura. Questi bias e meccanismi sono particolarmente pericolosi in un mondo in rapido cambiamento come quello in cui viviamo, dove la mancata anticipazione di trend evidenti può portare a crisi improvvise per chi non si è adeguatamente preparato, rendendo vani interventi all’“ultimo momento”.
Come procedere dunque per sopravvivere ai cambiamenti in corso e per cogliere le opportunità in contesti ad alto tasso di incertezza?
Le soluzioni sono diverse e vanno adattate ad hoc sulla singola situazione specifica.
Tuttavia quanto segue può essere un buon processo, con il fondamentale supporto di selezionate figure specializzate, per approcciare correttamente alla sfida:
1) Evidenziare il proprio attuale modello di business coinvolgendo le figure chiave dell’organizzazione, identificando le aree di opportunità e le aree critiche.
2) Affrontare diversi scenari “worst case” (peggiori scenari) simulati (e che rappresentano possibili evoluzioni delle dinamiche già in corso a livello globale e che impattano direttamente sulle PMI italiane).
3) Evidenziare le conseguenze di tali scenari sulla propria organizzazione.
4) Identificare delle aree di intervento e sistemarle in ordine di priorità.
5) Pianificare tali interventi nel tempo.
6) Preparare adeguatamente un team dedicato in grado di supportare i cambiamenti necessari in azienda, pronto ad intervenire in caso di cambiamenti repentini di scenario.
7) Realizzare gli interventi, mantenendo un sistema attento di monitoraggio delle dinamiche esterne all’azienda che possano segnalare dei cambiamenti che necessitano di immediata attenzione.
Soluzioni ad hoc per PMI che vogliono agire prontamente
I leader aziendali delle PMI che vogliono preparare per tempo la propria organizzazione ad affrontare scenari sfidanti, senza rimanere vittima delle trappole psicologiche e aumentare significativamente le probabilità di successo della propria azienda o organizzazione in contesti incerti e dinamici come quelli attuali, possono contattarci scrivendo i propri dati nel form di contatto presente nell'home page del sito per trovare insieme una soluzione ad hoc di intervento.